Legame chimico e funzione biologica
In natura soltanto i gas inerti si
trovano allo stato di atomi liberi. Quasi tutti gli altri, invece, nelle comuni
condizioni ambientali si trovano combinati con altri atomi mediante legami
chimici per formare le molecole.
I
legami chimici sono le forze che tengono uniti gli atomi in una molecola.
Per comprendere il comportamento chimico delle sostanze è importante conoscere
non solo il tipo e il numero degli atomi di cui sono costituite ma anche la
natura del legame chimico che tiene uniti gli atomi.
La cellula (che deve essere
considerata una macchina chimica) è chiamata, per sostenere le proprie funzioni
vitali, a estrarre energia dai legami chimici presenti nei nutrienti che
incorpora. In altri casi (ad esempio nel momento della riproduzione), la
cellula deve, momentaneamente, rompere alcuni legami chimici (presenti nelle
macromolecole essenziali) per poi ricostruirli al termine del processo. La
selezione ha, quindi, operato “plasmando” le molecole biologiche affinché
queste ultime presentino il giusto tipo di legame chimico in relazione al tipo
di funzione biologica che le molecole stesse sono chiamate a sostenere.
Lo studio dettagliato circa la
natura di queste interazioni è compito della chimica. Possiamo suddividere i
legami chimici in legami forti e legami deboli in funzione della quantità
di energia che la cellula deve impegnare nella loro rottura e/o ripristino.
Gli atomi interagiscono tra loro
tramite gli elettroni dello strato più esterno, detti elettroni di legame. Ogni
atomo “desidera” completare il numero degli elettroni che costituiscono il
guscio esterno. Ciò può avvenire per scambio (cessione/accettazione) o per “messa
in comune” di elettroni.
Nel primo caso i due atomi
interagenti acquistano carica elettrica, positiva per l’atomo che cede
elettroni e negativa per l’atomo accettore. La forza di attrazione tra ioni di
carica opposta prende il nome di legame ionico o salino. Questo tipo di legame caratterizza molti composti
inorganici (Sali) ed è facilmente distrutto dopo solvatazione del composto in
un solvente polare come l’acqua. La dissociazione del composto genera atomi
elettricamente carichi, detti ioni
(negativi/anioni-positivi/cationi). Nell’ambito delle molecole biologiche
propriamente dette, il legame ionico (discretamente forte) ha scarsa rilevanza
ma è essenziale nel fornire la forza aggregativa fra gli atomi di quei composti
che appartengono alla componente minerale della cellula e dei fluidi biologici
in generale (elettroliti).
Due atomi con scarsa propensione a
cedere elettroni possono decidere di completare i gusci elettronici esterni
mettendo in compartecipazione una o più coppie di elettroni fondendo le
rispettive nubi elettroniche. Ciò porta alla creazione di una forza attrattiva
di grande intensità, conosciuta come legame covalente. Nelle lunghe
catene carboniose che caratterizzano molti composti organici, i diversi atomi
di carbonio interagiscono tramite legami covalenti.
L’importanza biologica del legame
covalente non risiede solamente nel suo elevato contenuto energetico e nella sua
diffusione in ambito organico ma, principalmente, nel fatto che, in rapporto
alle caratteristiche degli atomi interagenti, la nube elettronica comune può
essere equamente suddivisa tra gli atomi oppure “stazionare” preferenzialmente
in prossimità di uno dei due (asimmetria della nube elettronica). Si assiste
così alla comparsa di nubi elettroniche di segno opposto. Sull’atomo capace di
attrarre la nube elettronica staziona una carica negativa mentre sull’altro,
dove la nube elettronica risulta “rarefatta”, compare una carica positiva.
Questo fenomeno (polarizzazione) è della massima importanza in campo biologico:
oltre ad essere la causa principale di attrazioni
intermolecolari (acqua) è decisivo per l’insorgenza di attrazioni intramolecolari (es. legami a idrogeno) che
caratterizzano le principali molecole biologiche (proteine e acidi nucleici). La
polarizzazione favorisce la completa o parziale compatibilità della molecola
con il mezzo acquoso (idrofilia). Polarità e idrofilia sono, quindi, un binomio
inscindibile.
E’ utile ricordare che molecole (o
parti di esse) elettricamente neutre possono interagire fra loro tramite legami
deboli, iterazioni idrofobiche.
Queste sono simili alle forze di Van der
Waals. Come queste ultime le iterazioni idrofobiche dipendono dalla
distanza delle molecole (o parti di esse) interagenti e svaniscono rapidamente
all’aumentare della distanza stessa. Tali interazioni sono fondamentali nella
formazione delle membrane biologiche.
Legami deboli, come quelli a
idrogeno e le interazioni idrofobiche, considerati singolarmente sono
caratterizzati da un contenuto energetico modesto e sono facilmente soggetti a
rottura. E’ la concomitante formazione di un gran numero di legami deboli a
rendere l’attrazione fra due molecole biologiche discretamente elevata, come
accade fra le code idrofobiche dei fosfolipidi nell’ambito del film lipidico
delle membrane biologiche.
La pressione selettiva
ha plasmato, nel tempo, la struttura delle molecole biologiche in modo da
renderle adatte a una determinata funzione. In queste molecole, quindi, la
distribuzione di legami forti e deboli non è casuale, ma risponde a una
specifica esigenza.
Nel DNA, per esempio, le due catene
polinucleotidiche si affrontano tramite legami deboli (legami a idrogeno)
mentre i nucleotidi, nell’ambito di ogni singola catena, sono legati tra loro
tramite legami forti (covalenti); le due catene polinucleotidiche si separano
sia durante la trascrizione sia al
momento della replicazione e, quindi,
i legami intercatena devono essere distrutti: la presenza dei legami deboli
limita l’impegno energetico cellulare durante lo svolgimento di tali processi.
Il DNA è, inoltre, il depositario dell’informazione biologica. Il significato
di tale informazione è dato dalla sequenza dei nucleotidi. La rottura della
catena polinucleotidica porterebbe a un rimaneggiamento di tale sequenza e
dunque a cambiamento e/o perdita dell’informazione genetica. La presenza di
legami forti assicura la protezione dei legami intercatena fra i nucleotidi.
Analogamente, un trigliceride non
può mai essere utilizzato come membro del film lipidico che caratterizza le
membrane cellulari. L’assenza di zone polari rende il trigliceride inadatto a
qualsiasi interazione sia con la parte proteica delle membrane sia con il mezzo
acquoso. I trigliceridi, al contrario, grazie alla loro impossibilità a
miscelarsi con il mezzo acquoso sono utilizzati dalla cellula come grassi di
riserva sotto forma di gocce lipidiche.